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I passi storici del giro d’Italia

I passi storici del giro d'italia

I passi storici del giro d’Italia: i tracciati più impervi, le imprese indimenticabili

Quest’anno il Giro d’Italia, che prende il via dall’inedita e discussa tappa di Gerusalemme, percorrerà il punto di massima altitudine nella diciannovesima frazione, sul Colle delle finestre, che è quindi indicato come Cima Coppi di questa edizione. Si tratta di una salita lunga e difficilissima, situata tra la Val di Susa e la Val Chisone, che ha già deciso un giro d’Italia nel 2005, con il vincitore Paolo Savoldelli che riuscì con tenacia ed intelligenza a difendere la maglia rosa dagli attacchi di avversari più adatti alle grandi pendenze.

Questa salita è relativamente giovane per il Giro, è stata percorsa in tre occasioni a partire dal 2000, ma le grandi salite fanno da sempre la storia della corsa rosa. Gli storici valichi alpini sono entrati da decenni nell’immaginario degli appassionati di sport. Passi come lo Stelvio, il Gavia e il Pordoi sono stati teatro delle imprese dei grandi campioni e hanno da sempre suscitato l’interesse di tanti appassionati pronti ad emularli.

I passi del Giro infatti non sono soltanto cornici spettacolari per le imprese dei professionisti ma anche tracciati accessibili a tutti gli appassionati che si possono mettere alla prova sulle orme dei loro beniamini.

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L’esordio delle Dolomiti

I grandi passi dolomitici cominciano ad essere decisivi già sul finire degli anni 30, mentre negli anni 40 diventano il palcoscenico privilegiato per le celebri battaglie tra Bartali e Coppi. Nel 1937 si ha la prima vera e propria tappa Dolomitica, Bartali costruisce la vittoria del giro sul passo Rolle e sul Costalunga. Dieci anni dopo, nel 1947, sarà Coppi sulle stesse montagne, sul Falzarego e sul Pordoi, a sfilargli la maglia rosa con una grande impresa nell’ultima tappa L’Airone, che aveva già vinto giovanissimo il Giro nel 1940 partendo da gregario di Bartali, trova qui la sua consacrazione riuscendo a sopravanzare il grande avversario e a recuperare il ritardo accusato nella tappa precedente per una crisi sul passo Mauria.

Lo Stelvio

Nel 1953 fa il suo ingresso nella corsa rosa la vetta regina, il passo dello Stelvio, che con i suoi 2758 m di altezza è cima Coppi in tutte le edizioni in cui è presente nella corsa. Proprio in questa occasione il campionissimo fu protagonista di una delle sue ultime imprese, che gli permise di ottenere il suo quinto e ultimo giro d’Italia. Anche in questo caso la vittoria del giro sembrava ormai destinata all’avversario, lo svizzero Hugo Koblet, che aveva resistito a tutti gli attacchi del corridore Italiano nelle tappe precedenti. Restava a disposizione soltanto la penultima frazione di soli 125 km, ma il vigore dell’attacco di Coppi sulle inedite rampe dello Stelvio costrinse Koblet alla crisi. Lo Svizzero per tentare di recuperare cadde per due volte in discesa lasciando la vittoria a Coppi e abbandonando definitivamente la maglia del primato.

Nel 1975 lo Stelvio è stato anche inedito punto di arrivo finale del Giro, e ha fatto da scenario ad un avvincente testa a testa tra il leader della corsa Fausto Bertoglio e lo spagnolo Francisco Galdós che lo seguiva in classifica a soli 40 secondi. Galdós riuscì a precedere l’avversario all’arrivo ma non abbastanza da strappargli la maglia rosa.

Situato nelle Alpi Retiche, lo Stelvio congiunge la Lombardia e il Trentino, toccando anche la Svizzera, nella zona del gruppo Ortles-Cevedale. Si tratta di una lunga salita Alpina che raggiunge una notevole altitudine e che copre un grande dislivello. Le pendenze sono di media difficoltà su tutti e tre i versanti. Il Giro ha affrontato un maggior numero di volte il versante Altoatesino, a partire da Prato allo Stelvio, che è anche il più difficile. Qui la salita, che nel tratto centrale presenta 48 tornanti, è lunga 26 km, con una pendenza media del 7,7% e una pendenza massima dell’ dell’11%, per un dislivello complessivo che supera i 1800 m. Più corta e con pendenze leggermente inferiori la salita sul versante Lombardo anch’essa scelta ripetutamente dagli organizzatori. Solo nel 2017 invece la corsa rosa è passata dal versante svizzero, con la vittoria dello spagnolo Mikel Landa.

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Il Gavia

Il passo Gavia, che collega la val Camonica e la Valtellina, è uno dei grandi passi su cui è stata costruita la storia recente del giro. Coi suoi 2618 m di altezza è uno dei valichi alpini più alti d’Europa. La  lunghezza, le pendenze medio alte e l’importante dislivello ne fanno un tracciato molto spettacolare fin dalla sua prima apparizione nel Giro d’italia nel 1960. Il versante Bresciano presenta una salita più difficile rispetto a quello Valtellinese. Partendo da Ponte di Legno  si sale per circa 18 km, la pendenza media è del 7,9%, quella massima arriva al 12% per un dislivello di circa 1380 m.

Spesso condizioni atmosferiche proibitive hanno reso impossibile affrontare la salita, altre volte invece l’hanno resa epica ed indimenticabile. È il caso della quattordicesima tappa, Chiesa in Valmalenco-Bormio, del Giro del 1988, quando si tornò sul Gavia per la seconda volta. Una tempesta di neve e temperature rigidissime resero la gara una vera e propria corsa ad eliminazione. L’olandese Van der Velde in fuga, coperto solo dalla propria maglia ciclamino, dovette fermarsi sul tracciato per non rischiare l’assideramento. Lo statunitense Hampsten costruì qui la vittoria finale del Giro riuscendo a tenere la ruota del vincitore di tappa Breukink fino quasi all’arrivo. Il vantaggio accumulato sulla maglia rosa di Franco Chioccioli fu infatti di quasi 5 minuti, ma il corridore americano sfinito dovette essere portato sul podio di peso, praticamente incapace di reggersi in piedi.

Il Mortirolo

Con i suoi 1852 metri di altezza, una pendenza media sopra il 10%,  pendenze massime che arrivano al 18% e un dislivello di circa 1.300 m su 12,5 km di lunghezza, quella verso il   Mortirolo, dal versante Valtellinese, è considerata da molti la salita più dura d’Europa.

Questa stretta strada di montagna, che si inerpica tra le province di Sondrio e di Brescia è stata inserita nel percorso del Giro d’Italia a partire dal 1990. La corsa vi è poi transitata numerose volte ma l’impresa più celebre resta quella che vide, nel 1994, balzare agli occhi del grande pubblico le doti di scalatore di un Giovane Marco Pantani. Il corridore, che vestiva ancora la divisa bianca e blu della Carrera, avendo già vinto la tappa della giornata precedente si prese definitivamente la scena proprio sul Mortirolo lasciandosi dietro tutti gli avversari tra i quali il campione spagnolo Miguel Indurain.

La vittoria finale della tappa non fu sufficiente ad ipotecare il primato sul giro, vinto dal russo Berzin. Questa prima eclatante azione su un palco così prestigioso tuttavia mise in luce il talento del Campione romagnolo che avrebbe infiammato le salite del Giro e del Tour negli anni successivi, riuscendo a portare a termine la prestigiosa accoppiata di trofei nel 1998.

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La cima del monte Zoncolan

La cima più impegnativa del giro 2018 è quella del monte Zoncolan. Questa non si può ancora definire una cima storica ma ha tutte i requisiti per diventarlo. Dal versante Ovest, dopo l’abitato di Ovaro, la strada sale per 1.210 metri di dislivello in soli 10,5 km di lunghezza, con una pendenza media pari all’11,6% e con punte oltre il 20%. Queste caratteristiche permettono alla salita verso lo Zoncolan di contendersi a pieno diritto con il Mortirolo e l’Angliru il titolo di cima più difficile d’europa.

Il “Kaiser”, così soprannominato per la sua imponenza e difficoltà, è stato inserito nel programma del Giro a partire dal 2003 ed ha da subito creato notevole selezione. A vincere è stato Gigi simoni che ha così consolidato il suo vantaggio di classifica e ha vinto la Corsa Rosa di quell’anno. L’atleta Trentino ha vinto la tappa dello Zoncolan anche nel 2007 quando si effettuava per la prima volta la scalata dal versante di Ovaro.

Anche in questa edizione la cima dello Zoncolan promette di portare allo stremo i concorrenti e assicurare un  grande spettacolo per tutti gli appassionati.

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